RISCHIO BIOLOGICO DA CORONAVIRUS

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La circolare n. 3190 dello scorso 3 febbraio del Ministero della Saluti riconduce l’emergenza coronavirus all’obbligo, gravante sul datore di lavoro insieme al medico competente ai sensi del D. Lgs. 81/2008 (Titolo X, Capo II), di tutelare i dipendenti dal c.d. “rischio biologico, in funzione della entità del pericolo corrente.

Tale rischio ricorre qualora l’attività lavorativa comporti la possibile esposizione a un “agente biologico”, ossia qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni” (v. artt. 266 e 267 D. Lgs. 81/2008).

Attenzione ai casi sospetti

Prescrizioni specifiche e più stringenti operano con riferimento ai soggetti (nella specie, gli operatori sanitari) che abbiano avuto contatti diretti con persone contagiate o rientranti nella definizione di “caso sospetto” ai sensi dell’allegato 1 della circolare del Ministero della Salute del 22/02/2020.

In tale contesto, per “caso sospetto” si intende:

Una persona con infezione respiratoria acuta – (insorgenza improvvisa di almeno uno dei seguenti sintomi: febbre,dispnea e tosse) che ha richiesto il ricovero in ospedale, e nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; ha soddisfatto almeno una delle seguenti condizioni:

  • storia di viaggi o residenza in aree a rischio della Cina,

oppure

 

  • contatto stretto con un caso probabile o confermato di infezione da SARS-CoV2

oppure

 

  • ha lavorato o ha frequentato una struttura sanitaria dove sono stati ricoverati pazienti con infezione da SARS- Cov-2

 

In tali casi occorrerà contattare i servizi sanitari e, nell’attesa, evitare ulteriori contatti con i malati, fornire loro maschere chirurgiche, lavare accuratamente le mani e prevenire il contatto con liquidi delle persone contagiate o con materiali infetti da queste ultime utilizzati.

Obblighi per i datori di lavoro…

Al di là di tali direttive ministeriali, rivolte direttamente nei confronti di operatori di servizi o esercizi a contatto con il pubblico, operano poi gli specifici obblighi gravanti sul datore di lavoro quale gestore responsabile della prevenzione e della protezione del “rischio biologico” nei riguardi dei propri dipendenti.

A questo proposito, con particolare riferimento alla tutela dei lavoratori stabilmente impegnati all’interno di locali aziendali ubicati nel contesto nazionale, rimangono ferme le misure intuitivamente necessarie (anche in ottica strumentale all’attuazione delle prescrizioni ministeriali da parte dei singoli) ad assicurare la salubrità degli ambienti: tra queste,  l’installazione di erogatori di gel di soluzioni idroalcoliche (concentrazione di alcol al 60-80%); l’accurata pulizia degli spazi e delle superfici con appositi prodotti disinfettanti a base di cloro o alcol; la dotazione di guanti e, in caso di richiesta, mascherine protettive; fornire a tutti i lavoratori il vademecum allegato con le principali misure di prevenzione minime da attuare. SI RACCOMANDA ANCHE CHE TUTTI I SOGGETTI CHE DOVESSERO PRESENTARE SINTOMATOLOGIA RESPIRATORIA LIEVE DEVONO RIMANERE A CASA E CONTATTARE IL PROPRIO MEDICO CURANTE CHE VALUTERA’ LA SITUAZIONE CLINICA. 

Fermi restando tali obblighi “minimi”, l’imprenditore è poi tenuto ad accortezze ulteriori nei riguardi dei lavoratori in trasferta o distacco presso unità produttive con sede in Cina o in aree geografiche comunque ritenute “a rischio”.

 

Ciò in quanto anche in tali ipotesi rimane fermo l’obbligo datoriale di attuare specifiche misure di sicurezza (si veda nello specifico l’art. 18, co.1, lett. e), D. Lgs. n. 151/2015) calibrate anche in funzione delle condizioni sanitarie (si veda l’interpello Ministero del Lavoro n. 11/2016) del luogo della prestazione.

Si segnala che la Regione Veneto ha attivato il numero verde 800462340 per assistere e informare i cittadini sui comportamenti da tenere da parte delle persone che temono di essere entrate in contatto con virus.

 

Così descritto il quadro attuale, rimane inteso che le misure precauzionali richieste o messe in atto da operatori e datori di lavoro potranno/dovranno progressivamente mutare alla luce dei futuri sviluppi della malattia e delle conseguenti indicazioni fornite dalle Istituzioni nazionali, dall’OMS e dagli esperti del settore.

A disposizione per ulteriori chiarimenti

Il Medico Competente

LAVORATORI MINORENNI

I minori di anni 18 impiegati in una mansione che comporta l’obbligo della sorveglianza sanitaria devono essere sottoposti a visita medica preventiva e periodica da parte del medico competente aziendale.

Nei casi di minori (anche apprendisti), limitatamente alle lavorazioni non a rischio (D.L. n. 69/2013, art. 42, comma b), non è più previsto il certificato di idoneità per l’assunzione.

 

 

 

da http://www.ulss16.padova.it/it/sovradistrettuali/dipartimento-di-prevenzione/servizio-di-prevenzione-igiene-e-sicurezza-negli-ambienti-di-lavoro-spisal/minori/,481

REGISTRO INFORTUNI

Tutti i datori di lavoro con almeno un lavoratore dipendente o equiparato (soci e collaboratori continuativi) hanno l’obbligo di tenere un registro infortuni; in pratica sono escluse dall’obbligo solo le aziende individuali.
Il registro deve essere conforme al modello previsto dal D.M. 12/09/58 e vi devono essere annotati cronologicamente tutti gli infortuni sul lavoro che comportino l’assenza di almeno 1 giorno, escluso quello dell’evento.

IMPORTANTE:
Si ricorda che nel caso un’azienda industriale o artigianale inizi l’attività o effettui una variazione di sede operativa trasferendosi in un nuovo insediamento produttivo, è obbligatorio effettuare la comunicazione allo SPISAL, ex art. 67 DLgs81/08, utilizzando la scheda regionale specifica.

 

 

da http://www.ulss16.padova.it/it/sovradistrettuali/dipartimento-di-prevenzione/servizio-di-prevenzione-igiene-e-sicurezza-negli-ambienti-di-lavoro-spisal/registro-infortuni/,479

TUTELA DELLA SALUTE DELLE LAVORATRICI MADRI

La norma di riferimento per la tutela delle lavoratrici madri è costituita dal DLgs 26 marzo 2001 n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.

Molte attività lavorative possono costituire per la lavoratrice in gravidanza, puerperio o allattamento una condizione di pregiudizio o di rischio per la sua salute o per quella del bambino. Per tale motivo il Legislatore ha emanato specifiche norme preventive a tutela delle Lavoratrici madri.

In generale, per tutte le Lavoratrici dipendenti è previsto il divieto di adibirle al lavoro nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto (congedo di maternità). In particolari condizioni è facoltà della Lavoratrice chiedere all’INPS la flessibilità del periodo del congedo di maternità (1 mese prima e 4 mesi dopo il parto), se svolge lavori non vietati in gravidanza (certificato del medico competente o dichiarazione del datore di lavoro, qualora non sia soggetta a visite mediche da parte del medico competente aziendale) e gode di buone condizioni di salute (certificato del ginecologo).

Le Lavoratrici in gravidanza, puerperio ed allattamento fino a sette mesi dopo il parto non possono essere adibite a “lavori pericolosi, faticosi ed insalubri” così come individuati dalla normativa di riferimento e in base alla specifica valutazione dei rischi che il Datore di Lavoro ha l’obbligo di effettuare (art.28 del D.Lgs 81/08). Degli esiti di questa valutazione devono essere messe a conoscenza tutte le lavoratrici in età fertile.

 

 

da http://www.ulssvicenza.it/nodo.php/1291

MEDICO COORDINATORE

Il testo unico di sicurezza del lavoro – D.Lgs. n. 81/2008, nell’intento di garantire al medico la possibilità di svolgere in autonomia la propria attività di tutela della salute dei lavoratori [la Cassazione ha sottolineato che se da un lato il medico competente “è scelto e pagato dal datore di lavoro, perché deve coadiuvare quest’ultimo nell’esercizio dei suoi obblighi prevenzionali, dall’altra egli deve svolgere il suo servizio professionale solo nell’interesse della salute e della sicurezza dei lavoratori, tanto che incorre in sanzioni penali in caso di inosservanza” (Cassazione penale, sez. III, 21 gennaio 2005, u.p. 9 dicembre 2004, n. 1728, in Guariniello R., Il Testo Unico Sicurezza sul lavoro, commentario con la giurisprudenza, 163-164)], prevede, per quanto riguarda gli aspetti organizzativi connessi allo svolgimento dell’attività da parte del medico competente, all’art. 39 c. 4, che “il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia, a prescindere che si tratti o meno di suo dipendente”:  il medico competente può essere anche un privato [vale a dire ad un professionista (libero e dunque non un dipendente – n.d.r.), che sia idoneo a svolgere le funzioni sanitarie richieste per prevenire le malattie professionali” (Cassazione penale, sez. IV, 1 giugno 1978, in Cass. Pen. 1980, 238; e in Riv. pen. 1979, 533).], ma deve essere comunque in posizione di autonomia rispetto al datore di lavoro (Cass. Penale, sez. IV, 6 febbraio 2001, u.p. 30 marzo 2000, n. 5037, in Guariniello R., Il Testo Unico Sicurezza sul lavoro, commentario con la giurisprudenza, 234).

Inoltre (art. 39 comma. 6 del D.Lgs. n. 81/2008, decisamente innovativo rispetto al D.Lgs. n. 626/94) “nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento”: l’individuazione in tali casi è obbligatoria, e nel caso in cui sia omessa l’individuazione del medico coordinatore il datore di lavoro verrà sanzionato con l’arresto o l’ammenda per violazione dell’art. 18 comma 1 lett. a, che prevede la nomina di un solo medico competente; l’eccezione prevista dall’art. 39 comma 6 opera lecitamente solo se si rispetta l’obbligo ivi tassativamente previsto di individuare con atto scritto del datore di lavoro o del suo delegato avente data certa (a fini probatori) il medico competente coordinatore, che incarna l’unicità della funzione medica e la tendenziale omogeneità di tutela sanitaria di tutti i dipendenti della stessa azienda che pure potrebbero avere medici diversi che li visitano.

 

da http://www.puntosicuro.it/sicurezza-sul-lavoro-C-1/settori-C-4/sanita-servizi-sociali-C-12/l-individuazione-obbligatoria-del-medico-coordinatore-AR-11638/

STRESS LAVORO CORRELATO

Per stress lavoro correlato si intende la condizione fisiologica di malessere che nasce da condizioni lavorative non in linea con un equilibrato svolgimento psico-fisico dell’attività lavorativa. È indicato come malessere fisiologico, perché lo stress non deve essere considerato una malattia; è, invece, una condizione di adattamento fisiologico, così come riferito nel’art.3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, che produce effetti negativi sulla salute fisica, emotiva e psicologica del lavoratore sottoposto a stress, di carattere ambientale, personale, lavorativo.

In maggiore dettaglio, lo stress lavoro correlato viene inteso, in ambito medico, come quel disequilibrio generato tra la domanda percepita, la conoscenza delle proprie capacità ed il risultato ottenuto, il quale, non essendo in linea con le aspettative, genera un disequilibrio e, quindi, una condizione di stress. Dal punto di vista lavorativo, una condizione di stress può essere generata da molti fattori tra cui:

  • Il contenuto del lavoro o della mansione da svolgere,
  • Carenza di comunicazione,
  • Carenza di informazione,
  • Inadeguatezza alla mansione svolta,
  • Inadeguatezze gestionali

Lo stress lavoro correlato rientra, secondo l’art.28 del D.lgs. 81/08, all’interno di quei fattori che devono essere monitorati all’interno di un’impresa, al fine di salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori e la cui valutazione va inserita nel Documento di Valutazione dei Rischi. La valutazione del rischio da stress lavoro correlato, che vede come attori principali il Datore di Lavoro (DDL), il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il Medico Competente e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, consiste nell’individuare indicatori, facilmente e chiaramente misurabili, delle manifestazioni esterne di stress, in relazione a condizioni di lavoro.

Tali indicatori possono essere riferiti a due ambiti lavorativi:

  •  Elementi legati al contesto di lavoro, come gli orari, la pressione emotivi e psicologica, la natura dell’organizzazione e la sua cultura interna, le possibilità di partecipazione, etc.
  •  Elementi legati al contenuto del lavoro, come la natura del compito, della mansione, la complessità, il contenuto stesso del lavoro e le competenze necessarie per svolgerlo.

La valutazione si basa su due tipologie di criteri diversi:

  • Criteri oggettivi: assenze per malattia, assenteismo, turnazione, lamentele dai lavoratori,
  • Criteri soggettivi: la percezione dell’ambiente di lavoro di ogni individuo, violenza e molestie di natura psicologica, problemi disciplinari, tensioni emotive e sociali tra i lavoratori,

Da queste due tipologie di criteri è possibile giungere ad una stima del rischio relativo allo stress lavoro correlato. Per quanto riguarda un’adeguata metodologia, volta all’individuazione degli elementi capaci di generare stress, i passi da compiere prevedono, per prima cosa, il cercare di identificare, nella maniera più oggettiva possibile, i fattori di stress legati al lavoro, dopo di che vanno individuati i lavoratori a rischio, al fine di intervenire suoi potenziali problemi di carattere disciplinare ed infine realizzare un’adeguata documentazione relativa ai rischi individuati e alle relative tecniche di miglioramento da mettere in pratica.

Un’accurata valutazione dello stress lavoro correlato è, oltre che una buona pratica per la salute dei lavoratori, anche un ottimo modo per evitare cali di produttività dovuti alla non efficiente operatività dei lavoratori che, secondo molti studi, lavorano meno e peggio se in condizioni di stress.

 

 

 

 

da http://www.sicurezza.com/valutazionerischi/stress-lavoro-correlato

ALLEGATO 3B

L’allegato 3B è la comunicazione dei dati aggregati e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, questa è la dicitura ufficiale dell’allegato 3B, il comma 2 dell’art.3 del decreto specifica che i dati sono utilizzabili a fini epidemiologici ma non stabilisce l’esclusività di questo utilizzo, cioè i dati potrebbero essere utilizzati anche con altri fini ad esempio per fini di vigilanza e questa è una delle cose per il quale l’allegato 3B nell’ambito dei Medici Competenti ha sollevato molte perplessità. La trasmissione dei dati deve essere effettuata dal Medico Competente entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento, questo di fatto è la ripetizione del contenuto dell’art.40, ma in sede di prima applicazione vedremo l’art.4 fissa al 30 giugno la scadenza della prima trasmissione. Che cos’è questo allegato 3B? Di fatto il decreto riporta la riproduzione stampa di un foglio dati di tipo Excel e ogni foglio comprende 2 sezioni: la prima sezione contiene le informazioni che il Datore di Lavoro deve fornire al Medico Competente, la seconda sezione contiene invece le informazioni fornite dal Medico Competente stesso in base alla sua attività e ai risultati della sorveglianza sanitaria. Per quanto riguarda la informazioni fornite dal Datore di Lavoro si tratta dei dati significativi dell’azienda e dell’unità produttiva e del numero dei lavoratori occupati distinti in maschi e femmine, questa distinzione verrà effettuata per tutte le voci che poi seguiranno anche per poter fare una valutazione tenendo conto come dice l’art.28 in base alla valutazione dei rischi delle differenze di genere. Per quanto riguarda invece le informazioni prodotte dal Medico Competente ci devono essere: i dati identificativi del Medico Competente, nome, cognome, codice fiscale ecc…, il numero e la tipologia di malattie professionali segnalate, i dati relativi alla sorveglianza sanitaria distinti tra maschi e femmine. Questi dati relativi alla sorveglianza sanitaria nel dettaglio sono i seguenti:

– il totale dei lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria, cioè tutti i lavoratori che dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza sanitaria;

– il totale dei lavoratori che effettivamente visitati nell’anno di riferimento;

– il numero di idonei alla mansione specifica;

– il numero di lavoratori con idoneità parziale temporanea con prescrizioni o limitazioni o entrambe le situazioni;

– il numero di lavoratori con idoneità parziali permanenti anche questi con prescrizioni e/o limitazioni;

– il numero di lavoratori temporaneamente inidonei;

– il numero di lavoratori permanentemente inidonei.

Devono inoltre essere riportati i dati relativi all’esposizione a rischi distinti sempre tra maschi e femmine, quindi:

–         il numero di lavoratori esposti alle differenti tipologie di rischio;

–         il numero di lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria per tipologia di rischio;

–         il numero di lavoratori effettivamente visitati nell’anno di riferimento per tipologia di rischio;

E’ presente una tabella particolare che riguarda le visite per la verifica dell’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope e per l’alcoldipendenza:

–         per quanto riguarda l’alcoldipendenza viene richiesto il numero di lavoratori idonei alla mansione sempre distinti tra maschi e femmine;

–         per quanto riguarda invece le sostanze stupefacenti e psicotrope la tabella richiede di specificare, sempre distinguendo i maschi dalle femmine, i positivi ai test di screening e i positivi ai test di conferma.

Ci sono alcune criticità che vanno sottolineate riguardo all’allegato 3B:

–         sulla prima sezione, il Medico può assolvere a questo obbligo di informazione e trasmissione dei dati solo se il datore di lavoro a sua volta glieli ha trasmessi, cioè in pratica la possibilità da parte del Medico Competente di assolvere a suo obbligo subordinata al fatto che il Datore di Lavoro a sua volta assolva all’obbligo di informare il Medico Competente, questo è una delle altre criticità rappresentate per esempio dalle associazione scientifiche e professionali dei Medici Competenti.

Per quanto riguarda la seconda sezione, anche questa è una delle critiche che vengono mosse:

–         l’informazione sulle malattie professionali segnalate costituisce in effetti un dato che è già in possesso della pubblica amministrazione, quindi potrebbe essere richiesto direttamente all’interno della pubblica amministrazione stessa;

–         manca stranamente l’informazione sul numero dei lavoratori minori soggetti a sorveglianza sanitaria e effettivamente visitati;

–         in fine, sulla parte dell’alcoldipendenza, è necessario che la conferenza stato-regioni proceda all’attuazione di quanto predisposto dall’art.41 comma 4-bis (ricordiamo che il termine è scaduto il 31 dicembre 2009) perché l’ordinamento attuale non prevede i casi o le situazioni in cui la sorveglianza sanitaria per l’alcoldipendenza sia obbligatoria.

 

 

 

da http://www.giuliomorelli.com/medico-competente/lavoro.html

IL VIDEOTERMINALE (VDT)

L’art 173 del D.lgs definisce come  videoterminale uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato.

Definisce anche la postazione di lavoro come l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unita’ a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonche’ l’ambiente di lavoro immediatamente circostante.

Quindi definisce il lavoratore su videoterminale come chi utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni definite dall’ art 175 nel seguente modo:

  • le modalita’ di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale;
  • in assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale;
  • le modalita’ e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessita’.

Quali sono i rischi lavorativi legati all’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali?

  • rischi per la vista e per gli occhi;
  • rischi per l’apparato muscolo-scheletrico.

Quale è la periodicità della visita per gli addetti all’ utilizzo di attrezzature munite di videoterminali?

Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicita’ delle visite di controllo e’ biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta’; quinquennale negli altri casi.

 

 

da http://www.medicina-lavoro.com/primalsrl/sorveglianza-sanitaria-videoterminali-vdt/179.htm

IL SOCCORSO IN CASO DI COLPO DI CALORE

Chiamare subito un incaricato di Primo Soccorso e Chiamare il 118;

Posizionare il lavoratore all’ombra e al fresco, sdraiato in caso di vertigini, sul fianco in caso di nausea, mantenedo la persona in assoluto riposo; slacciare o togliere gli abiti;

Raffreddare la cute con spugnature di acqua fresca in particolare su fronte, nuca ed estremità.

 

da http://www.ulss16.padova.it/it/sovradistrettuali/dipartimento-di-prevenzione/servizio-di-prevenzione-igiene-e-sicurezza-negli-ambienti-di-lavoro-spisal/colpo-di-calore/,476

MISURE DI PREVENZIONE DAL RISCHIO DI COLPO DA CALORE

Organizzare innanzitutto il lavoro in modo da minimizzare il rischio:

  • Variare l’orario di lavoro per sfruttare le ore meno calde, programmando i lavori più pesanti nelle ore più fresche;
  • Effettuare una rotazione nel turno fra i lavori esposti;
  • Programmare in modo che si lavori sempre nelle zone meno esposte al sole;
  • Evitare lavori isolati permettendo un reciproco controllo.

Il vestiario: abiti leggeri traspiranti, di cotone, di colore chiaro; è sbagliato lavorare a pelle nuda perché il sole può determinare ustioni e perché la pelle nuda assorbe più calore. E’ importante anche un leggero copricapo.

Le pause: sono assolutamente necessarie, in un luogo fresco, per permettere all’organismo di riprendersi.

Rinfrescarsi bagnandosi con acqua fresca: è importante per disperdere il calore.

L’idratazione: è necessario bere per introdurre i liquidi e i Sali dispersi con la sudorazione.

L’alimentazione deve essere povera di grassi, ricca di zuccheri e Sali minerali: preferire pasti leggeri, facili da digerire, privilegiando la pasta, la frutta e la verdura e limitando carni e insaccati.

L’informazione dei lavoratori sui possibili problemi di salute causati dal calore è fondamentale perché possono riconoscerli e difendersi, senza sottovalutare il rischio. La patologia da calore può infatti evolvere rapidamente e i segni iniziali possono non essere facilmente riconosciuti dal soggetto e dai compagni di lavoro.

La sorveglianza sanitaria è infine molto importante perché il medico del lavoro aziendale, valutando lo stato di salute dei lavoratori, può fornire indicazioni indispensabili per prevenire il rischio da colpo di calore in relazione alle caratteristiche individuali di ciascun lavoratore.

 

 

da http://www.safety81.it/medicina_lavoro/protocollo_sanitario_medicina_lavoro.html#.VZUQlEaFuUk